Why Begutt?


  • My Vision: il  mio metodo d'insegnamento
  • My Mission: perchè insegno                         

Il mio personale metodo di insegnamento

Ecco alcuni dei quesiti che mi vengono rivolti più frequentemente circa il mio metodo di insegnamento. 

Interroghi spesso?

Direi che, per il 90% delle volte, preferisco dire testualmente: “C’è qualcuno che vuole farsi ascoltare da me?” E con questa domanda, di solito, mi metto nei guai visto che, più o meno tutti, vogliono farsi ascoltare! E c’è una grossa differenza tra scegliere di farsi ascoltare e subire un’interrogazione: nel primo caso si tratta di un atto di volontà, nel secondo di è un’imposizione. Perché pongo tale domanda? Per indurre a:
  • sviluppare il senso di responsabilità
  • sviluppare la fiducia in se stessi
  • evitare il “terrore in classe”
Esistono dei chitarristi “eterni allievi”, tali perché traumatizzati da un insegnante. Dunque, ragazzi bloccati, che non credono nelle loro possibilità. Alcuni di essi suonano molto bene, ma non emergono perché NON CREDONO DI POTERLO FARE. 
Personalmente non desidero ciò per i miei allievi, anzi! Desidero formare persone positive e fiduciose nelle proprie capacità. Desidero che affrontino con serenità provini ed audizioni. Che formino band e cavalchino progetti discografici. Che scrivano libri e tengano seminari.
Per creare tutto ciò, è necessario alimentare la loro autostima e la fiducia in loro stessi. Spingerli costantemente a dare il meglio, anche se ciò costa un po’ di quella che chiamo “sorridente fatica”. Ritengo che la classe sia il posto migliore per iniziare! 

E’ importante il divertimento nello studio? E la disciplina?

Sono entrambi fondamentali, pur se ritengo più importante il divertimento! Ipotizzerei, quindi, una giusta miscela: 
  • 60% divertimento
  • 35% disciplina
La disciplina NON è una qualità che, da sola, può “tirare il carro”. Prima o poi, infatti ti stanchi e molli se non ti diverti. Il divertimento, quindi, è la pura forza motrice! Tuttavia, da solo non basta. Infatti, esso è totalmente privo di cervello e, meravigliosamente spensierato! Come tale, vola ma … senza meta! E dove si va, se non si sa dove si vuole andare? Quale è il mix esplosivo allora? 60% di divertimento puro, 35% di disciplina, mescolato ad un pizzico di SANA FOLLIA: ecco il 5% che mancava!. 

Cosa accade in classe se un allievo non ha studiato una lezione o parte di essa?

Nulla, se lo dichiara di fronte a tutti nel giro di pochi minuti. La classe è una squadra che lo supporterà nel corso degli anni, anche se lui dovesse essere il più bravo. Per mantenere forte la classe, è necessario offrire onestà a se stessi ed agli altri. In tal modo si lascerà fuori dalla porta la menzogna, coltivando invece coraggio e lealtà!

Cosa accade se un allievo non studia per un considerevole periodo di tempo?

Innanzitutto dipende dal motivo. Le soluzioni saranno molteplici e si troveranno nel dialogo. Talvolta, purtroppo, i motivi sono importanti e sacrosanti. Talvolta e un po’ meno. Lazarun! (tipica espressione milanese …). Mediamente una classe è formata da 5/6 studenti provenienti da tutta l’Italia. Molti, ogni settimana, alle prese con i treni, autovetture (anche aerei …). OGNI SETTIMANA E PER QUATTRO ANNI DI FILA! Qualcuno di loro, addirittura, si trasferisce in città ed affitta appartamenti per riuscire a frequentare i corsi “a pieno ritmo”. Ciascuno di questi ragazzi, supportati spesso dalle famiglie, investe somme di denaro considerevoli, frutto di grandi sacrifici. Tutto ciò per realizzare il desiderio di diventare un valido chitarrista. L’allievo che non studia, quindi, rallenta considerevolmente lo svolgimento del programma. Se il programma non viene completato, l’intera classe correrà il rischio di ripetere l’anno! Quindi, indipendentemente dal motivo per il quale egli non studia (giusto o sbagliato che sia), che tutto ciò NON PUO’ e NON DEVE accadere. Se le cose non vengono aggiustate, prima o poi, finirà che la classe (e lo studente stesso) dovranno essere tutelati per evitare il peggio. Nella migliore, e più frequente delle ipotesi, è sufficiente parlarne a viva voce. Nella peggiore delle ipotesi, mi sentirei di suggerire il cambio dell’insegnante (che, guarda caso, si rivela spesso la soluzione migliore: vengono salvaguardate l’amicizia, la classe e l’allievo che ricomincerà a studiare. Tutti soddisfatti! 

Quanto cambia il tuo atteggiamento nei confronti degli allievi durante i quattro anni del corso?

Considerevolmente! Il mio obiettivo è che essi giungano al diploma mentalmente e musicalmente indipendenti. Che non ricerchino l’approvazione negli altri, ma in sé stessi. Che conoscano il loro valore. Ecco, dunque come strutturo il percorso durante gli anni:
  • Primo anno. Prendo gli allievi per mano e inizio a camminare, lentamente, sul sentiero. Passo dopo passo, illustro il cammino e controllo che la “camminata” sia corretta
  • Secondo anno. Pian piano, si prende velocità.
  • Terzo anno. Una volta raggiunta la velocità di crociera, con cautela, tolgo talvolta la mia mano ed osservo come camminano da soli
  • Quarto anno. Cominciamo a correre assieme ad andatura elevata e ad urlare, a un certo punto, “SCATTA!” Io, allora, li ammiro scattare, se possibile, senza più influenzarli o riprenderli
Teoricamente da “SCATTA!” in poi, non hanno più bisogno di me (siamo alla metà del quarto anno). Loro sono autosufficienti, pur se fare ancora qualche chilometro assieme serve parecchio. Così come servono gli ultimi centimetri di un bastone per far crescere una pianta dritta: per sicurezza e garanzia.
In linea di massima, nel secondo anno sono una chioccia e l’allievo non fa un passo senza di me, non una nota. Nel terzo anno, inizio a mollare la presa: l’allievo comincia a “stare in piedi da solo”. Valuta egli stesso alcuni esercizi da fare e decide i suoi ritmi di studio. Nel quarto anno, sono semplicemente un supervisore: l’allievo è insegnante di sé stesso. Lui suona mentre io, dapprima, gli chiedo: “Come ti sei sembrato?” Oppure: “Dove hai intenzione di migliorare e come farai per riuscirci?”. Dopodiché, gli dico la mia opinione. Lui capisce subito quando una cosa è ok e quando è sicuro di sé: è in grado di programmarsi le strategie di studio a medio e lungo termine. Comprende l’importanza della tecnica e, padroneggiando con essa, non ne è più succube. 

E’ vero che hai uno strano modo di insegnare teoria e armonia?

E’ vero e ne sono orgolione!! Da subito, già nelle prime lezioni, dico agli allievi di non fidarsi mai di me! “Ricordatevi che con Teoria ed Armonia tenterò sempre di fregarvi!” Ecco un esempio:

Donato: “Ditemi, per cortesia, le note che compongono la triade di C maj”
Allievi: C, E, G (La risposta è corretta.) 
 
Donato: “C’è un errore! Ragazzi! Non è così, datemi la risposta corretta (inizia il mio bluff per vedere quanto sono convinti della loro risposta che invece era ok)
Allievi: (Tutti) No, Donato! Nessun errore, è giusto! 
 
Donato: (Continuando a bleffare) “Non dite cazzate! C, E, G# è la risposta giusta!” (invece è sbagliata)
Allievi: (Tutti) Donato, non dire cazzate tu: C, E, G è la risposta giusta! E non se ne parla più!” 
 
A quel punto, orgoglioso, rivelo che hanno ragione e che la risposta è proprio corretta! E’ un metodo che adotto perché desidero che gli allievi siano sicuri di ciò che dicono. Diversamente, sanno che è meglio tacere. Desidero, lo ripeto, che credano in ciò che dicono e siano disposti a combattere per tale concetto. Non voglio che cambino la loro opinione con nonchalance, o soltanto perché un’altra persona influente (il sottoscritto, in questo caso), li mette in discussione. Devono credere in loro stessi! 

Quando capisci se un allievo è particolarmente dotato di talento?

Verso la fine del terzo anno, massimo il primo quadrimestre del quarto. Prima di allora è molto difficile: ci vogliono almeno due anni di metabolizzazione dei principi. 

E’ determinante il talento per il raggiungimento di un ottimo know-how?

Assolutamente no! La determinazione, la costanza e la passione portano a risultati ben maggiori, rispetto al solo talento. Naturalmente, un mix di tutto quanto sarebbe il massimo! 

Dopo quanto tempo un allievo nota i suoi primi miglioramenti?

In un mese al massimo. Infatti, all’inizio dei corsi, sono solito dire: “Se entro un mese non notate cambiamenti tangibili … mandatemi a quel paese e cambiate insegnante.” Fino ad oggi mi è andata di lusso! 
Un giorno, Franco Mussida, mi diede un suggerimento che, a tutt’oggi, è la mia guida: “Donato, cerca di fare in modo che, in ogni singola lezione, l’allievo possa tornare a casa arricchito di un nuovo valore. Un piccolo tesoro. Che deve necessariamente essere concreto e di immediato utilizzo”. Sono molto severo con me stesso nell’applicazione di tale concetto. Solitamente, dopo qualche mese dall’inizio dei corsi, dedico una lezione alla dichiarazione a sé stessi dei propri obiettivi ed adotto un processo particolarmente stimolante, ovvero, faccio compilare un elenco personale degli obiettivi. Un elenco che resterà segreto come … un diario … e che dovrà rimanere a portata di mano per essere consultato spesso. Poi, dico loro testualmente: “utilizzatemi in ogni modo e senza remore per arrivare a ciò che avete scritto nel vostro elenco”. Ogni 4 mesi, circa, facciamo il checkpoint tramite cui io chiedo “stai andando verso i tuoi obiettivi? Ti sono stato utile finora, oppure c’è qualcosa che posso fare in più per te? In base alle diverse risposte programmiamo le mosse successive. E così per i tre anni del corso che frequentano con me! 

E’ vero che puoi far avanzare l’allievo di un corso anche nel bel mezzo dell’anno scolastico?

Verissimo! Se un chitarrista è particolarmente meritevole, lo faccio avanzare all'anno successivo. Prima terminerà il mio corso, prima si butterà nel mondo della musica. Non c’è tempo da perdere! Inoltre, in tal modo, risparmierà soldi, inverni a studiare e viaggi. Ad oggi, il massimo di ciò, mi è capitato con due chitarristi fantastici: Tony De Gruttola ed Antonio Cordaro. Credo che l’Italia della sei corde, prima o poi, sentirà parlare di loro. Non è roba normale! Entrambi hanno iniziato dal primo corso e si sono diplomati al terzo (allora l'MCR® durava 3 anni), nel corso dello stesso anno! E’ stato un onore aver “smetallato” con loro!